UMRA

Antiche genti d'Italia e linguaggio mediterraneo

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di Paolo Rinolfi e Ferdinando De Rosa


 

Presentazione (Ernesto Paleani)

Prefazione

Introduzione -L’avventura della storia

La storia:

Cap. I La valle del Metauro nella storia

Cap.II Gli Etruschi

Cap.III I Piceni

Cap. IV I Galli

Cap. V Gli Umbri

Cap. VI Ritrovamenti archeologici Umbri

Cap. VII Gli Umbri iguvini

Cap. VIII Il tempio a Giove Grabovio

Cap. IX Il tempio di Marte Nero al Nerone

Cap. X Gli Umra

Cap. XI La religione mediterranea e indoeuropea

Cap. XII La sopravvivenza del mito presso i Romani

Cap. XIII Il mito negli Umra

Cap. XIV Il Fanum fortunae

 

La lingua:

Cap. XV La lingua

Cap. XVI La lingua dei faraoni

Cap. XVII Il confronto

Bibliografia.

£. 150.000

 

c/o

Ernesto Paleani Editore

Corso XX Settembre n.16/18

61043 CAGLI (Pesaro-Urbino)

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IL TEMPO

 

La sacra montagna perenne

rinserra le spoglie di sposa,

caduta lontana nel tempo.

Antico Sole affretta il mezzogiorno

sulla calda Selvetta rocciosa,

ed il gelido buio ricorda pietoso

il braccio del compagno triste.

Incauta ed irriverente mano

disperde e sopisce nel vento,

l’eterna pietà e l’antico dolore,

ma non dissolve il filo d’amore.

 

    

Il territorio di confine fra Marche ed Umbria, attorno alla via Flaminia, è sormontato da rocche e castelli, resti feudali, nati ed organizzatisi sulle rovine delle antiche fortificazioni.

A partire dalle guerre gotiche, l'esercito romano- bizantino costruì le torri sui passi appenninici, a difesa della pianura tiberina, da dove si giunge rapidamente a Roma.

Durante la dominazione longobarda le rocche hanno assicurato il collegamento della cultura e della civiltà romana da Roma a Ravenna e da qui, via mare, fino a Bisanzio, poggiando sui capisaldi che proteggevano la via Gubbio- Urbino.

I nuclei principali di queste costruzioni difensive in parte hanno poi costituito i feudi comitali della zona dopo l'anno mille.

Gli Ubaldini della Carda, i Brancaleoni di Piobbico, i Siccardi di S. Vitale, i Gabrielli di Cantiano e Frontone, i Sicci di Montesecco e tante altre famiglie potenti rappresentano il simbolo del periodo feudale misterioso ed affascinante che ha guidato le popolazioni dei monti durante il Medio Evo.

La scarsa urbanizzazione mantiene nel territorio ancora segni toponomastici, risalenti al popolo italico degli Umbri, che, in piena epoca cristiana, continuava a sacrificare a Giove Grabovio e Cerflo Martio e scrutava attento il volo augurale del picchio o nefasto della cornacchia.

Il popolo umbro a ridosso dei due versanti dell’Appennino ha continuato per molti secoli a pascolare le mandrie sacre e profane sui prati dei massicci del Catria, Nerone e Petrano ove hanno scolpito sempiterni tratturi.

Prima di loro altre genti si fregiavano del nome ‘UMRO’ e adoravano sul monte-tempio GRABOVIO la triade Kerria della dea Luna o dea Mater.

Puntuali alle Idi di Maggio correvano la stessa corsa dei Ceri, per la fertilità e l’iniziazione dei giovani in una società matriarcale, dove Melissa, la dea Ape, ogni anno ripeteva la rituale uccisione dello sposo.

La dea Luna regolava lo scandire del tempo e determinava le piogge, era così arbitra della Vita e della Morte.

Il primo quarto era la Vergine: Amantea, la capra, simbolo della giovinezza.

La luna piena era la Ninfa orgiastica: Io-Europa, la candida vacca.

L’ultimo quarto calante la Vegliarda: Andrasta (colei cui non si fugge) o Nemesi o Ecate, cui, per l’aspetto infernale, era sacra la scrofa.

Le triadi lunari ebbero, secondo i luoghi, nomi diversi (Core-Persefone-Ecate, ecc.), mantenendo però costanti significati e simboli. 

L’avvento del patriarcato trasformò i miti in funzione maschile e anche i nomi subirono questa evoluzione. Ad esempio la dea della scrofa Çerfo o Cerdo diviene Çerfo, dio ikuvino e italico dell’acqua, degli inferi, della guerra, cui spetta il sacrificio di tre cinghiali.

Il cinghiale dalle lunghe zanne ricurve è simbolo lunare, come la capra, lo stambecco, la giovenca.

Il Cristianesimo ha conservato l’antica trinità mediterranea monoteista, a differenza della triade della cultura indoeuropea, e, malgrado i nomi maschili è nel contenuto ancora femminile, perché Amore. Nell’epifania del battesimo di Gesù, lo Spirito di Fuoco è l’antica Ninfa, rappresentata dalla colomba, come  Eurinome, la dea colomba del mito pelasgico, o la sumerica Jahu, tradotto come Geova nella Bibbia.

La Rivelazione divina, crediamo, ha tappe definite da Chi regge i sottili fili della vita.

A Gubbio la primitiva triade Kerria fu sostituita da Giove, Marte Cubrio, Vofione, che determinano una serie di triadi (Kerria, Çerfa ecc.), il cui significato potrebbe sfuggirci se non ricerchiamo lumi l’ordinamento religioso più antico.    

La lingua degli UMRA apparteneva alle terre del Mediterraneo e si era sviluppata con le prime civiltà sulle coste e sugli altopiani dell’Asia Minore. L’Egitto ereditò e produsse cultura che irradiò per quaranta secoli al mondo conosciuto.

 

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