Macerata
è una città di 43.002 abitanti
dell'Italia centrale, capoluogo dell'omonima
provincia delle Marche.
Sorge
su di un colle a 315 metri s.l.m. tra la
vallata del fiume Potenza a nord e quella
del fiume Chienti a sud ; è sita a 30 km
a ovest del mare Adriatico e dista circa 60 km
dall'Appennino umbro-marchigiano.
Clima
Il
clima di Macerata è quello tipico dell'area
collinare dell'interno delle Marche e
presenta sia elementi mediterranei che
elementi continentali. L'influenza del mare
ha il suo peso, trovandosi Macerata a soli
30 km dalla costa, ma un ruolo ancora
maggiore nel determinare le condizioni
climatiche cittadine va riconosciuto alla
seppur modesta altitudine (315 m) e alla
relativa prossimità dei rilievi
appenninici. L'inverno è solitamente
piuttosto freddo e abbastanza piovoso. Anche
le nebbie sono tutt'altro che infrequenti,
mentre le nevicate, pur non verfidicandosi
molto spesso, sono a volte assai intense e
abbondanti (nel gennaio del 2005 caddero 80 cm
in una settimana). Le maggiori
precipitazioni nevose si hanno con irruzioni
fredde dai vicini Balcani, ossia da
est-nord-est. Ma anche perturbazioni da nord
o n/w sono in grado di causare cadute di
neve, in qualche caso cospicue. Pure nel
pieno dell'inverno non mancano periodi miti
e soleggiati, che associati al garbino
possono portare a massime intorno ai +15°/+20°.
Proprio il garbino è forse il vento in
grado di raggiungere le raffiche più
violente in città, fin oltre i 100 km/h.
Le stagioni intermedie sono in genere ricche
di precipitazioni e piuttosto variabili.
Nevicate e gelate tardive possono
verificarsi fin nel mese di aprile, mentre
in autunno non mancano né freddi precoci né
scampoli d'estate. La stagione estiva va di
norma da giugno a settembre ed è calda e
piuttosto soleggiata. L'afa è assai meno
intensa e frequente che sulla costa, ma non
mancano periodi di caldo molto intenso, con
massime che possono toccare e superare in
qualche caso i +40° (se spira il garbino).
Anche le minime si mantengono decisamente
elevate, specie in collina e nel centro
della città. I temporali pomeridiano-serali,
in genere provenienti dalle zone
Appenniniche, sono frequenti nelle parentesi
estive caratterizzate da spiccata instabilità,
le quali in genere diventano più intense e
prolungate nel mese di agosto.
Storia
Origini
e primi secoli di vita
Tra
il III e il II secolo a.C. la zona dove oggi
sorge la frazione di Villa Potenza fu
colonizzata dai romani che la chiamarono Helvia
Recina. I resti del teatro romano del II
secolo d.C. danno l'idea di una città di
medie proporzioni e florida. La prima
notizia certa dell'esistenza di Ricina
risale al I secolo d.C. da parte di Plinio
il Vecchio.[2]
L'antica Ricina si trovava lungo la
via Salaria Gallica; al tempo dell'alto
Impero risalgono i monumenti più
importanti, il teatro di 72 metri di
diametro era a tre ordini di gradinate e
poteva ospitare circa 2000 spettatori,
probabilmente era ricoperto di marmi (reimpiegati
durante il Medioevo) con capitelli dorici e
corinzi. Ancora bene riconoscibili sono:
l'orchestra, la cavea e il frontescena in
laterizio come prevedeva il teatro romano
classico. Un'antica strada lastricata, il
ponte romano sul fiume Potenza e i resti di
ville decorate con mosaici pavimentali,
danno l'idea dell'importanza del municipio
di Ricina che Settimio Severo nel 205
elevò al rango di colonia e la ribattezzò
col nome di Helvia Recina Pertinax,
in onore del suo predecessore l'Imperatore
Publio Elvio Pertinace. Durante il periodo
dell'affermazione del cristianesimo il
vescovo di Helvia Recina, Flaviano vi fu
martirizzato nel III secolo circa.
Nel
V o VI secolo le invasioni dei Goti
costrinsero la maggior parte dei ricinesi a
spostarsi sulle colline nacque così il
centro medievale di Macerata. Discussa è
l'etimologia del nome Macerata: alcuni
storici affermano che derivi dalle maceriae
dell'antica Helvia Recina altri
sostengono che derivi da macera
parola latina che indica il luogo dove si
pone a macerare il lino e la canapa per
lavorare poi la fibra tessile. Per molti
secoli la città fu divisa in due
"poggi", l'uno indipendente,
l'altro sotto il controllo dei vescovi di
Fermo. Nel 1138, dopo grandi lotte contro
Fermo, Macerata ottiene la franchigia di
libero comune. Il 29 agosto 1138 davanti
alla pieve di San Giuliano i due poggi si
unificarono ed il castello Castrum
Maceratae dava il nome al nuovo comune,
mentre il Podium Sancti Juliani (oggi
sarebbe la zona della "cocolla" e
parte delle "Fosse") portava la
tradizione religiosa ed il suo protettore:
San Giuliano.
Con
la nascita del comune libero di Macerata
viene creato uno stemma con una macina su
uno scudo rosso con sopra una corona regia.
La macina era un simbolo mutuato dall'antica
Helvia Recina ed oltretutto
rappresentava l'operosità dei maceratesi ed
anche una peculiarità del territorio ricco
di acque che servivano appunto
all'alimentazione di molti mulini. Da
ricordare che lo stemma cambiò nel 1570
quando venne aggiunta una croce greca rossa
in campo bianco per concessione di papa Pio
V, che era grato alla città per la
partecipazione di alcuni suoi figli nella
lotta contro i Turchi e per ricordare il
concorso dei maceratesi alle crociate a
partire dal 1188.
Nella
lotta tra la Chiesa e l'Impero i maceratesi
aderirono al partito ghibellino perché il
re Enzo nel 1239 concesse al comune
importanti privilegi sui castelli vicini.
Successivamente la città passò al partito
guelfo e come ringraziamento il pontefice
diede carta bianca per l'istituzione di una
sede universitaria, (attività didattica
iniziata il giorno della festa di San Luca
del 1290, Giulioso da Montegranaro I°
docente); allo stesso momento però questo
cambiamento di fronte fece irritare i
ghibellini che nel 1316 attaccarono la città
con un esercito capeggiato da Federico da
Montefeltro che però fu respinto.
Il
Trecento
Nel
1320 il papa Giovanni XXII punì le città
di Fermo e di Recanati che avevano
partecipato alla lega ghibellina, togliendo
alla prima il territorio e alla seconda la
sede vescovile che passò al comune di
Macerata. Questo portò sia un aumento della
popolazione, che allora era inferiore a
quella di Fermo, a quella di San Severino
Marche, a quella di Ascoli Piceno e ad altri
comuni della Marchia, sia un aumento
dell'importanza politica grazie alla sua
fedeltà verso la Chiesa e grazie al fatto
che venne scelta come residenza dei rettori
e dei vicari della Marca anconetana.
Nel
trecento, però, si evidenzia la crisi del
giovane regime comunale e si aprì l'era
delle Signorie. Macerata non fu estranea a
tale cambiamento e intorno alla metà degli
anni '20 del secolo la famiglia Malucci, di
fede guelfa, divenne signora della città.
Tale signoria durò fino alla metà del
secolo cioè fino a quando il Papa, dalla
sua sede di Avignone, diede mandato al
cardinale Egidio Albornoz di riprendere con
la forza il potere nella Marca anconitana.
La città passò poi alla signoria dei Da
Varano di Camerino, la cui spregiudicatezza
nelle alleanze portò non pochi guai alla
cittadina, che infatti fu attaccata nel 1377
dalle truppe del conte Lucio di Landau, che
però dovette ritirarsi.
In
questi anni furono costruite diverse chiese
ed altre opere importanti per la città:
Santa Maria della Porta (anche se la parte
più antica risale agli anni 990-1000) che
grazie alla confraternita dei flagellati la
imbellirono con un portale in stile gotico
in cotto, San Francesco (1316), Santa Maria
alla Pace (1323) edificata per celebrare la
pace tra guelfi e ghibellini, e la casa del
podestà (1373) costruita in Piazza del
Mercato.
Il
Quattrocento
Dopo
anni di pace e benessere la città, come
tutta la zona circostante, fu occupata da
Francesco Sforza nel 1433 che le impose la
sua Signoria che terminò con una serie di
battaglie, che vanno dal 1443 al 1445, che
videro contrapposti gli Sforza da una parte
e la Lega Santa (costituita da papa Eugenio
IV, dal duca di Milano e dal re di Napoli)
dall'altra. Gli amministratori della città
molto abilmente presero la palla al balzo e
riuscirono ad ottenere l'istituzione
permanete della Corte Generale de lo
Rectore de Sancta Chiesa; questo volle
dire che Macerata divenne ufficialmente
capoluogo della Marca anconetana con il suo
cambiamento da città agricola a città
politico-burocratica con grande incremento
della popolazione (grande immigrazione di
notai, magistrati, soldati ed
ecclesiastici).
Questo
portò anche a ripensare alle misure
difensive e per tale motivo si decise di
costruire una cinta muraria a
"scarpa" (cioè inclinate verso
l'esterno) che includesse all'interno la
zona di Porta Mercato (piazza compresa) e la
zona di Porta Montana in più si decise di
creare nuovi torrioni. La città cambiò il
suo assetto in pochi anni: venne ricostruita
la Cattedrale (1459-1464) e furono
ristrutturati il Palazzo dei Priori e quello
della Regione per adibirli a sede del
Cardinale Legato, il 15 agosto 1477 si
costruì in un solo giorno la Chiesa Santa
Maria della Misericordia, situata vicino al
Duomo, definita dai maceratesi la "ciucarella"
cioè la piccina. Dopo l'apparizione della
Madonna ad una donna albanese fu costruita,
fuori dalle mura, una chiesa denominata
Santa Maria alla Fonte del Sabato ed insieme
ad essa fu costruito un piccolo ospedale e
delle casette (odierno quartiere di Corso
Cairoli) che potessero ospitare i malati e
tutti quelli che erano sospettati di avere
la peste e che quindi erano espulsi dalla
città. Alla fine del secolo si cominciò a
costruire la Torre civica ma i lavori si
bloccarono dopo pochi anni.
Il
Cinquecento
Questo
è sicuramente il secolo d'oro per la città;
infatti in tali anni a Macerata c'è una
fiorente vita sia a livello
polito-burocratico sia a livello economico.
Nei primi anni del secolo c'era grande
pericolo di invasione da parte dei
Lanzichenecchi e di altre truppe straniere,
così si decise di concludere i lavori alla
cinta muraria con uno splendido esempio di
sistema bastionato sangallese che cingeva
sia il Borgo Novo (Corso Garibaldi di oggi)
sia il Borgo Vecchio (cioè Via Mozzi), tra
Porta Montana e Porta Romana, con la
costruzione di vari fortini penetrativi
verso l'esterno i quali permettevano una
migliore difesa-offesa. Nei primi anni si
decise di ristrutturare la piazza centrale e
tali lavori furono affidati in parte a
Cassiano da Fabriano, che realizzò la
Loggia dei Mercanti, e in parte
all'architetto della Santa Casa di Loreto
Lattanzio Ventura. Questi ridisegnano la
forma della piazza che diventa trapezoidale,
abbattono due chiese ed alcune case private,
fu edificato il Palazzo Legatizio, il
Palazzo allo Studio, che divenne la nuova
sede universitaria (oggi è la sede del
comune), si costruì un nuovo Palazzo
comunale e ripresero i lavori per la
costruzione della Torre civica, si ricostruì
la Strada Grande (oggi Via Matteotti) e a
fine secolo, vista la mancanza di spazio, si
permise la costruzione di abitazioni fuori
dalle mura e si ampliò il vecchio Borgo San
Giuliano (chiamto oggi anche
"Fosse" vista la sua notevole
pendenza), si incominciò a costruire fuori
porta Romana (oggi Corso Cavour) e
soprattutto si rivitalizzò la zona creata
nel secolo precedente per ospitare i malati
di peste, cioè Borgo San Giovanni Battista
(oggi Corso Cairoli). Gli abitanti di quella
zona, chiamata fin d'allora "le
casette", erano soprattutto contadini
locali ed emigrati albanesi molto devoti al
Cattolicesimo ma che venivano visti in
maniera quasi ostile dagli abitanti della
città.
L'edilizia
privata vive un grande periodo; infatti
vengono edificati: Palazzo Floriani
(1531-1541), Palazzo Ciccolini (1546-1550),
il così detto Palazzo dei Diamanti della
famiglia Mozzi (1535), Palazzo Marchetti
(1560), Palazzo Mozzi (1570), Palazzo
Ciccotto Mozzi (1566). Anche per l'edilizia
religiosa furono anni irripetibili con le
seguenti costruzioni: la chiesa ed il
monastero di Santa Croce (1503), la chiesa
di Santa Maria delle Vergini (1550-1577)
un'opera di Galasso Alghisi da Carpi, le
chiese di San Liberato e San Rocco.
Praticamente il secolo si conclude con una
città completamente trasformata sia a
livello edilizio che a livello urbanistico
in senso stretto e soprattutto la città era
in netta espansione.
Il
Seicento
Dopo
un secolo d'oro venne un secolo buio. Il
papa Clemente VIII, con la bolla De Bono
Regimine, accentrò tutto il potere
politico-amministrativo a Roma; questo portò
alla città una riduzione del territorio da
essa controllato, meno peso politico
all'interno dello Stato della Chiesa, una
regressione a livello economico e
demografico. Sia l'edilizia privata che
quella pubblica fecero una brusca frenata
con alcune eccezioni come il riassetto della
strada nuova (odierno Corso della
Repubblica), la costruzione di Porton Pio
alla fine del quartiere fuori Porta Romana,
l'allargamento della strada che portava al
colle di Santa Croce. Nonostante questo si
edificarono altre nuove chiese, quella di
San Paolo (1623-1655) e quella di San
Giovanni (1600-1655), la chiesa dei Gesuiti.
Il
Settecento
L'accentramento
del potere si fece risentire, a distanza di
anni, anche a livello di attaccamento al
Governo pontificio. Infatti all'interno del
ceto borghese, che negli anni si era formato
e rinforzato, c'era chi ammirava le prime
idee illuministiche che venivano
dall'estero, mentre con molta foga il clero
combatté questa modernità.
Tale
secolo vide le famiglie nobili, frustrate
per l'esclusione dalla vita politica,
investire in costruzioni di case e ville
lussuose da menzionarne alcune come quella
dei conti Bonaccorsi iniziata nel 1707 e
finita nell'arco di 20 anni, Palazzo
Asclepi-Salimbeni (1725), quello dei
Compagnoni (1736), Palazzo Pellicani (1736)
e grazie all'architetto Luigi Vanvitelli si
deve Palazzo Torri (1738-1758), sempre di
questi anni è l'atipico palazzo Costa
(1756) mentre grazie a Giuseppe Valadier si
devono l'originale Palazzo De Vico (1793) e
il primo esempio di costruzione neoclassica
a Macerata cioè Palazzo Ugolini (1793).
L'edilizia religiosa registrò la nascita
della chiesa di San Filippo, totalmente
barocca, grazie all'architetto romano Giovan
Battista Contini, venne ristrutturato il
duomo e costruita San Giorgio (1792-1798).
Tra il 1767 e il 1774 viene realizzato
all'interno del palazzo comunale, affacciato
sulla piazza maggiore, il tuttora esistente
teatro tardobarocco su pianta a campana,
oggi chiamato Lauro Rossi in onore del
compositore maceratese vissuto nel secolo
successivo; il progetto inviato allo scopo
dal rinomato specialista Antonio Galli
Bibiena venne ridotto alle giuste dimensioni
del sito disponibile dall'architetto
camerale Cosimo Morelli da Imola.
Il
secolo si chiuse con l'arrivo dell'esercito
napoleonico che era sceso in Italia ed aveva
occupato anche le Marche; questo portò
grande entusiasmo tra i borghesi e tra
qualche popolano perché vedevano
concretizzate le loro idee di giustizia e di
libertà; la città fu aggregata alla
Repubblica Romana nel 1798 con il grado di
capoluogo del Musone. Dopo alcuni momenti,
vista anche la soppressione degli ordini
religiosi e la forte pressione fiscale,
l'entusiasmo si trasformò in un forte
sentimento di reazione che nel 1799 sfociò
in un duro moto che costrinse le truppe
napoleoniche a fuggire dalla città. Queste
però tornarono più forti di prima e dopo
cinque giorni di battaglia, il 5 luglio,
riuscirono a fare una breccia ed ad entrare
dandosi al saccheggio, alla profanazione di
chiese e all'assassinio di circa 360 persone
di cui molti di classi disagiate che
abitavano nei quartieri fuori le mura, come
le "Fosse" e le
"Casette", che vennero visti come
i più probabili responsabili dei moti.
L'Ottocento
Le
cannonate francesi, oltre ai morti, fece
gravi danni a Porta Romana e così si decise
di sostituire la porta con una cancellata in
ghisa, da quel giorno la zona viene chiamata
"i cancelli". Costituitosi il
Regno Italico venne elevata al rango di
capoluogo del dipartimento del Musone
(1808-1814). Nel maggio del 1815 vide lo
sbandamento delle truppe di Gioacchino Murat
battute dagli austriaci nella battaglia di
Tolentino.
Nel
1817 a Macerata c'è la prima insurrezione
italiana di stampo carbonaro, infatti grazie
all'adesione di alcuni reduci delle armate
napoleoniche e murattiane si organizzò a
Macerata una "vendita massonica"
che aderì come detto alla carboneria. Aldilà
del goffo tentativo, subito represso dalle
autorità, esso rappresentò la voglia di
libertà e la presa di coscienza dei propri
diritti da parte della popolazione. Nel 1832
l'ingegner Innocenzi e l'architetto Aleandri
costruiscono lo Sferisterio che serviva da
stadio per il gioco del bracciale e per
altre attività; tale opera, occorre
ricordarlo, fu incastonato perfettamente tra
Piazza Mercato, il quartiere le
"casette" e la "cocolla"
per costruirlo venne abbattuta e poi
ricostruita la Porta Mercato. Molti
maceratesi presero parte nel '800 alle
campagne per l'indipendenza dell'Italia. Nel
gennaio del 1849 Giuseppe Garibaldi
soggiorna a Macerata per costruire la
legione maceratese, che a Roma, provò
invano a salvare la Repubblica Romana, e che
rifulse per valore nella battaglia di Porta
San Pancrazio; su una lapide nel palazzo
comunale è riprodotta la lettera che
Garibaldi diresse ai Maceratesi. Lo stesso
Giuseppe Garibaldi fu eletto proprio a
Macerata come deputato alla costituente
della sopracitata neonata repubblica.
Dopo
la battaglia di Castelfidardo, che vide
l'esercito del pontefice uscirne sconfitto
da quello dei Savoia, e il seguente
plebiscito del 4 novembre 1860 che portò le
Marche ad annettersi al neonato Regno
d'Italia la città, forse perché era stata
da molto fedele al potere dei Papi, o forse
perché fino ad allora aveva sempre tenuto
in mano i poteri politici-amministrativi
regionali, venne punita. Infatti l'università
perse tre facoltà a vantaggio di Ancona e
sempre a vantaggio dei dorici andò il
Comando militare e la Corte d'appello del
tribunale. Chiaramente questo creò non
pochi disagi alla città che perse di colpo
il suo prestigio esercitato in un piccolo
stato e si ritrovò ad essere una piccola
città in un grande Stato. In questo secolo
così travagliato occorre ricordare che in
città fu costruito il nuovo manicomio in
stile neoclassico e in cotto, la Loggia del
Grano (1841) e ricostruita la facciata della
chiesa di Santa Croce. Il nuovo Stato non è
un sinonimo solo negativo per i maceratesi
che infatti cominciano ad appassionarsi alla
nuova vita sociale e alla politica che gli
viene offerta. Molti in città non possono
votare, visto che il diritto al voto è
legato al reddito, e una buona parte che ne
ha diritto non vota seguendo il non
expedit di papa Pio IX. Occorre però
dire che nonostante tutto questo in molti si
appassionano alla politica e come a livello
nazionale anche a livello comunale nascono
le prime associazioni di mutuo soccorso,
circoli (come quello garibaldino del
Giardinetto) e partiti politici:
repubblicano (che aveva poco seguito in città),
liberale seguitissimo da molti abitanti del
centro e dai borghesi in genere, infine il
socialista con i quartieri più popolani
attratti da tali idee. I socialisti erano
forti soprattutto nello storico quartiere
rosso delle "casette" che equivale
come già detto all'odierno Corso Cairoli.
Con il nuovo arriva anche la tecnologia con
l'erogazione dell'energia elettrica che
apriva la strada dello sviluppo industriale,
ma soprattutto arrivò la ferrovia che
collegò la città alle grandi vie di
comunicazione.
Il
Novecento
Il
secolo si apre con la città che incomincia
una lenta crescita demografica e con gli
abitanti che pian piano incominciano a
costruire case private anche fuori dalle
mure. Tre quartieri in particolare
cominciano a formarsi: il primo di stampo
borghese è quello della zona della stazione
dove vengono edificate le case dei più
benestanti del tempo, un altro quartiere di
benestanti venne creato vicino Piazza
Dell'Armi (lo stadio dei Pini di oggi) in
due punti distinti uno dietro l'odierno
Corso Cavour (via Morbiducci) ed un altro
punto era l'odierno viale Carradori, infine
fu ampliato il quartiere popolare di
"Villa Ficana" che sorge sul colle
di Santa Croce. Sempre in questi anni si
edificarono la chiesa dell'Immacolata
(1893-1917) situata in pieno Corso Cavour e
la chiesa di Corso Cairoli nominata Sacro
Cuore (1909-1913).
La
guerra di Libia rinfocolò gli attriti tra i
partiti che si trovarono alle prese con una
grave crisi internazionale. Anche a Macerata
ci furono dei contrasti tra gli
interventisti del partito nazionalista,
capeggiato da Mazzantini, e i neutralisti
del partito socialista (che in realtà era
diviso in due correnti); questa tensione
sfociò in un'aggressione da parte dei
socialisti ai nazionalisti durante una
conferenza pro-intervento di Cesare
Battisti. Molti Maceratesi presero parte
alla Grande Guerra formando la "Brigata
Macerata" che si fece segnalare per il
grande coraggio con cui andava in battaglia.
Dopo la guerra, anche a Macerata, ci furono
gravi problemi di ordine pubblico per motivi
politici; infatti dopo la marcia su Roma i
fascisti anche in città presero il potere e
diedero la caccia ai nemici di sempre
entrando dentro la sede dei socialisti,
bruciando la casa del popolo e devastando
alcune osterie del quartiere le
"casette". Per fortuna della città
due podestà moderati (Benignetti e Magnalbò)
evitarono gravi atti di intolleranza da
parte delle squadracce, e promossero opere
pubbliche. Nonostante questo nel 1926 si
tenne in città il Congresso nazionale della
FUCI con la partecipazione di monsignor
Montini e si verificarono forti
contestazioni da parte dei fascisti,
preludio alla soppressione dei circoli di
Azione Cattolica (1931). Da menzionare le
opere fatte in questi anni: Palazzo delle
Poste (1922), Palazzo degli Studi (1931), lo
Stadio della Vittoria (1926) dove giocava la
Maceratese, l'adiacente Monumento ai Caduti
(1928-1932) e con l'abbattimento del Porton
Pio si ha la creazione della scenografa
Piazza Della Vittoria che servì anche per
facilitare la viabilità della zona, Palazzo
del Mutilato (1938) infine è da menzionare
il Palazzo del fascio (oggi vi è il
catasto) sito in Piazza Mercato (Piazza
Mazzini) appena dietro lo Sferisterio.
Nel
1943 dopo la caduta del fascismo molti
cittadini scesero in piazza per festeggiare,
ma la felicità durò poco visto che
l'occupazione nazista arrivò senza remore
anche a Macerata. I bombardamenti degli
alleati colpirono il quartiere di Corso
Cavour (fu distrutta la Caserma
Castelfidardo) e quello di Corso Cairoli
(vicino c'era il Distretto militare oggi è
la sede dell'anagrafe e di altri uffici
comunali) e non mancarono morti e feriti
soprattutto fra le donne. Macerata venne
definitivamente liberata nell'aprile del
1944 dalle truppe polacche appartenenti alle
forze alleate. Da segnalare che a guerra
finita fu pestato a morte un noto fascista
della città, e dopo averlo trascinato per
le vie cittadine attaccato ad un carro
trainato dai buoi, fu impiccato a testa in
giù vicino allo Sferisterio.
L'economia
torna a girare soprattutto grazie
all'agricoltura, al commercio e al terziario
vero motore economico della città nel '900.
Intorno agli anni cinquanta il problema
principale fu quello di trovare un tetto per
i moltissimi sfollati così si ampliarono
diverse zone (le Casette, le Fosse, Ficana e
le Vergini) e si crearono nuovi quartieri
popolari come: la Pace, le Casermette (cioè
San Francesco), il rione Marche e nei
decenni successivi le Due Fonti, Collevario
e Colleverde. Negli anni ottanta la città
tocca il suo massimo picco demografico
grazie anche all'edificazione di case
popolari a Piediripa, Sforzacosta e Villa
Potenza. Nei primi anni '90 come in gran
parte d'Italia arriva una ventata
d'immigrazione che non porta grande
criminalità soprattutto grazie alla buona
integrazione.
Nuovo
millennio
I
primi anni del nuovo millennio sono da
ricordare per la creazione di villette a
Corneto ed appartamenti nel quartiere
Vergini. La città è caratterizzata da una
certa qualità della vita che ancor oggi la
rende una delle città più vivibili grazie
anche ai molti punti "verdi"
situati in diverse zone: i Giardini Diaz,
Villa Lauri, il Sasso d'Italia e vari
piccoli spazi verdi che sono presenti in
tutti i quartieri cittadini.
Nel 2006 sono iniziati i lavori per la
realizzazione della galleria di collegamento
tra la zona di "Due Fonti" e
"Fontescodella"; i lavori sono
stati ultimati a fine 2007 e l'apertura è
avvenuta nel novembre 2008. Tale opera, la
più importante degli ultimi decenni, rende
più rapida la viabilità tra la valle del
Potenza a quella del Chienti, evitando di
attraversare l'area più urbana della città.
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