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"Progetto Mercato Medievale"
Prodotti ed eventi nei territori e nei
luoghi medievali.

A tavola con i Templari
Cucina medievale nel
periodo delle Crociate
Idromele
«Si fa del
vino anche dall’acqua e dal miele soltanto. A questo scopo si
prescrive di conservare l’acqua piovana per cinque anni. Altri, più
accorti, facendola subito bollire, la riducono ad un terzo, cui
aggiungono un terzo di miele vecchio: quindi la lasciano al sole per
40 giorni a partire dal giorno della Canicola; altri invece la
travasano così com’è e la tappano il decimo giorno. Questo è il
cosiddetto idromele che acquista, invecchiando, il
gusto del vino; in nessun luogo è più apprezzato che in Frigia»
GAIO PLINIO SECONDO, Storia Naturale, III, Botanica, I, Libri 12-19,
Einaudi, Torino 1984, pp 248-249
Il vino
veniva fatto con uve scarsamente zuccherine ed aveva una debole
gradazione alcolica, non parliamo poi della birra che era una
pappina leggermente alcolica; per l’idromele invece era
sufficiente aggiungere ancora miele alla miscela in fermentazione
per avere una bevanda dalla gradazione piuttosto alta; notiamo
ancora che la presenza di zuccheri residui nell’idromele rendeva
molto più veloce l’assorbimento dell’alcol da parte
dell’organismo; possiamo dire che era il loro superalcolico. Non a
caso l’idromele non è mai stato per gli antichi “bevanda da
pasto”, ma piuttosto la bevanda rituale con cui aspergere i
sacrifici prima del fuoco purificatore, o componente della panacea,
la bevanda che cura tutti i mali sia del corpo che dello spirito.
Ma per ricercare le origini dell’idromele dovremo tornare molto
indietro nel tempo, e dovremo tornare così tanto indietro che
dovremo farlo con il supporto di semplici deduzioni e non quello di
documenti o di ricerche archeologiche.
Le ricerche sulla produzione del vino si fanno sulla scorta di
ritrovamenti di torchi o di palmenti o di vinaccioli o di orci o di
anfore: siti dunque o attrezzature che l’uomo primitivo utilizzava
per la produzione del vino; ma per l’idromele niente di tutto
questo, l’unico residuo di questa primitiva produzione erano solo
la deperibilissima cera e l’altrettanto deperibile contenitore,
l’otre di cuoio.
Quando noi diciamo che l’idromele è assai più antico del vino lo
facciamo pensando che per fare il vino l’uomo primitivo ha dovuto
prima sedentarizzarsi, imparare a coltivare la vite e solo dopo
casualmente scoprire che dal succo di quel grappolo poteva ricavare
una bevanda inebriante; per l’idromele invece non ha dovuto
imparare ad allevare le api, era già cacciatore di miele da sciami
selvatici quando era una scimmia, e non ha dovuto costruirsi il
recipiente di terracotta per la fermentazione, aveva già a
disposizione il primitivo ma funzionale otre di cuoio, il
contenitore per eccellenza delle popolazioni nomadi; per quanto
riguarda il processo produttivo poi, tutti gli apicoltori sanno che
per togliere i residui di miele dai favi strizzati o dagli opercoli
il sistema più semplice è immergerli in acqua: il miele si
scioglierà istantaneamente. Una volta fatta questa operazione la
miscela di acqua e miele inizia a fermentare da subito,
naturalmente, ad opera dei lieviti indigeni presenti nel miele ed è
già bevibile, anzi l’idromele non è come il vino che sviluppa i
suoi aromi solo dopo la fermentazione primaria, ma come la birra col
suo profumo di lieviti ed il frizzante della fermentazione.
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Organizzazione
generale Fiere e Mercati storici
Titolare:
Ernesto Paleani
..
Prodotti:
Terre
Templari
Con
la partecipazione della Impresa della Cultura "Ernesto
Paleani Editore".
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