"Atlantis.
            Indagine
            bibliografica dalle fonti di Platone fino agli scrittori moderni e le
            ipotetiche ricostruzioni cartografiche"
              a cura di
            Ernesto Paleani.. 
 
            
            ***
            FILM
            ***
             
            Il mito di Atlantide ha
            influenzato il cinema e nel 1919 esce il romanzo L'Atlantide
            di Pierre Benoit, che, seppure ritenuto mediocre da alcuni, era
            avvincente diventando subito un bestseller. Jacques Feyder (1888 -
            1948), un ex-attore ed assistente belga, ne resta affascinato. È
            stato da poco allontanato dalla Gaumont ed è alla ricerca di un
            grandioso riscatto. L'Atlantide si presenta come un soggetto
            ideale: una congerie di miti romantici e decadenti che ancora
            sopravvivono in un'isola incantata ai confini del mondo colonizzato,
            nella regione desertica dell'Hahggar.
            «Il capitano Morhange e il suo
            luogotenente Sain-Avit sono due soldati della Legione Straniera che
            si sono perduti in seguito a una missione in una zona sconosciuta
            del deserto. Giungono, senza un'esatta cognizione dell'itinerario
            percorso, in vista d'una terra prospera e civile. Catturati scoprono
            di aver raggiunti l'ultimo mito del mondo moderno: la favolosa
            Atlantide. Vengono condotti, fra tempi sontuosi e costruzioni che
            riecheggiano le tradizioni architettoniche di tutte le civiltà
            mediterranee, alla presenza della regina Antinea che prima li
            minaccia, poi li accoglie calorosamente e, facendo uso delle sue
            arti femminili, finisce per stregarli togliendo loro ogni velleità
            di tornare nel mondo civile.Questa donna, eternamente giovane e
            bella, fa sorgere dei dissapori fra i due compagni d'arme che non
            riescono a resistere al suo fascino. Ma proprio quando la vita di
            Atlantide, con le sue mille lusinghe, sembra essere riuscita a
            offuscare il ricordo della patria lontana, un terribile cataclisma
            costringe Morhange e Saint-Avit a fuggire mentre la più antica
            civiltà del mondo sprofonda uccidendo tutti gli abitanti e
            cancellando ogni traccia del maestoso passato.»
            
              - (Fernando D. Giammatteo, Dizionario
                universale del cinema, Editori Riuniti.)
 
            
            Nelle intenzioni di Louis Aubert, che
            finanziò la pellicola, il film doveva emulare il successo dei
            kolossal prodotti in quegli anni in Italia (Cabiria, Quo vadis?), ma
            i risultati, superata una fase di iniziale entusiasmo, furono
            inferiori alle aspettative. Acquisiti i diritti d'autore, Feyder
            parte alla ricerca di capitali: non è ancora un regista molto
            conosciuto, ma osa proporre cifre milionarie, impensabili per il
            cinema francese di quegli anni. Un prestito della banca Thalman e
            l'intervento risolutivo di Louis Aubert, convinto della risonanza
            mondiale del romanzo di Benoit, rendono possibile la realizzazione
            di questa impresa colossale che trova forse solo in Cabiria di
            Pastrone un suo analogo: l'investimento ottenuto da Feyder fu
            infatti di 2 milioni di franchi. Una cifra quasi inconcepibile per
            il cinema di quei anni. Aubert garantisce un lancio pubblicitario in
            grande stile, ma esige la presenza di una star nel cast: per vestire
            i panni della misteriosa Antinea viene scelta la prosperosa Stacia
            de Napierowsca, la cui interpretazione verrà duramente criticata.
            Feyder parte dunque alla volta dell'Algeria
            con l'intenzione di andare a girare a Toggurt, a 800 km da Algeri.
            Ci riuscirà nonostante l'opinione sfavorevole dello stesso Benoit
            che gli aveva suggerito di girare nella più domestica Fontainbleau.
            La scelta di allestire il set sui luoghi del romanzo si rivela
            vincente: la grande vedette di questo film è il deserto dirà
            poi Delluc. Lo scenografo Manuel Orazi dà il meglio di sé nella
            realizzazione delle scenografie del palazzo di Antinea, allestite in
            un teatro di posa nei pressi di Algeri. La lavorazione fu
            particolarmente sofferta: la scelta di girare gli esterni nel Sahara
            algerino per dare un impianto realistico alle riprese, comportò una
            serie di pericoli (compreso un assalto di indigeni) tali da
            richiedere per la troupe una scorta armata. Feyder puntò tanto sul
            mistero quanto sulla psicologia, e sulla figura di Antinea (femme
            fatale per antonomasia) e sui paesaggi del deserto. Al caldo
            proibitivo e alle malattie (una delle quali fu poi fatale per
            l'attrice Marie-Louise Iribe) si aggiunsero crescenti spese di
            produzione e i capricci della diva Stacia Napierkowska, ballerina
            famosa e già interprete di famosi film dell'epoca del muto, come Cléopatre
            (Cleopatra, 1910), Notre Dame de Paris (1911) dove interpretava
            Esmeralda, Les Vampires (Vampiri, 1915), ma attrice, a detta dei
            commentatori del tempo, priva di fascino e di talento. La
            Napierkowska (Parigi, 1886-1945) fu la protagonista tra l'altro di
            uno dei primi casi di censura cinematografica con il film di Ugo
            Falena, uno dei grandi del cinema muto italiano, Modella (1916)
            anche conosciuto con i titoli Flora la modella o Effetti di luce, in
            cui alcune scene ed alcune didascalie furono modificate. Anche il
            titolo originale Nudo, come dal soggetto dell'autore Washington Borg,
            dovette essere modificato.
             
            
            La locandina del film
             
            Il film uscirà a Parigi nel giugno del
            1921 riscuotendo grande successo (resterà in cartellone per più di
            un anno): Feyder «è un uomo che ha osato», come si legge
            in una pubblicità Aubert dell'epoca. Anche se per la critica di
            allora, fu considerato lungo e ripetitivo, difetto che offuscava i
            pregi della fotografia e la cura della ricostruzione storica, e
            partiva già smorzato nella tensione a causa della scelta di far
            raccontare al protagonista la misteriosa avventura da lui vissuta.
            Il primo adattamento cinematografico del romanzo di Benoit, in
            America circolò inizialmente con lo strano titolo Missing Husbands,
            in Germania come Die Loreley der Sahara.
            Da questa pellicola in poi la carriera di
            Feyder divenne estremamente prestigiosa e l'artista si segnalò per
            una serie di regie davvero apprezzabili. Venne anche invitato a
            lavorare a Hollywood, ma dopo cinque anni di permanenza nella Mecca
            del cinema preferì rientrare in Francia, dove riprese la sua
            attività con esito più felice. Celebre è la frase di Feyder che
            disse: «Tutto può essere portato sullo schermo, tradotto in
            immagini. Ma per farlo è necessario avere il senso del cinema.»
            Nel 1992 la XXI Mostra Internazionale del
            Cinema Libero di Bologna ha presentato una rara copia a colori del
            film di Feyder ritrovata dal Nederlands Filmmuseum. «Copia
            conservata presso gli Archives du Film del Centre National de la Cinématographie.Atlantide
            è stato restaurato dal Nederlands Filmmuseum in collaborazione con
            gli Archives du Film del Centre National de la Cinématographie. Per
            il lavoro di restauro sono state utilizzate due copie, entrambe
            colorate. La prima copia, proveniente dal NFM, con didascalie in
            olandese; la seconda con didascalie in francese. La copia olandese,
            ricavata a partire da un positivo nitrato originale, è stata
            utilizzata per la buona qualità delle immagini e delle colorazioni.
            La copia francese, invece, è stata utilizzata esclusivamente per le
            didascalie, con l'obiettivo di salvaguardare i caratteri grafici e
            le decorazioni originali.» (da http://www.torinofilmfest.org/
            )
            «E'indiscutibile che questo lavoro
            appartenga ai buoni davvero, però appunto per questo noi vi
            troviamo dei difetti che forse in altri potrebbero passare
            inosservati.La riduzione del romanzo di Pierre Benoit ha avuto sullo
            schermo una seconda consacrazione, ma ci si consenta di dire che il
            rendere protagonista il tenente di Saint-Avit, che ne racconta
            l'avventura, è grossa davvero, poiché viene a mancare
            quell'interesse che, diversamente, avrebbe destato: se invece di un
            racconto vi fosse la sola avventura.Poi poteva benissimo farsi in 4
            parti invece di 8, condensando le scene principali ed evitando le
            ripetizioni inutili a cui è andato incontro.La prima parte di
            Atlantide è ottima, direi quasi insuperabile; mentre lo spettatore
            viene disilluso dalla seconda parte. Bene interpretati i personaggi
            di Saint-Avit, Morhange, Massard, Ferrières, Cegheir-ben-Cheikh e
            Zanit Zerga.Insignificante la protagonista. Allorquando lo
            spettatore, dopo aver sentito da Saint-Avit che tutti coloro che
            avvicinavano Antinea dimenticavano Patria, Onore e Famiglia, si
            prevedeva che la bellezza di questa donna fosse oltremodo
            affascinante; mentre nel veder calare il velo che copre il volto
            della Napierkowska un'amara delusione prese tutti, e tutti
            commentarono sarcasticamente l'episodio. La Napierkowska non ha
            nulla di speciale; la sua è una bellezza molto comune, manca di
            fascino e di emotività. Ciò nonostante il lavoro è piaciuto.»
            
              - (Corriere Milanese, 15 marzo 1923)
 
            
            Nel 1931 Seymour Nebenzahl, titolare della
            casa di produzione Nerofilm, propose a Georg W. Pabst (1885 - 1967)
            di girare un nuovo adattamento del romanzo L'Atlantide di
            Pierre Benoit, undici anni dopo quello di Jacques Feyder. Con al suo
            attivo dei film come La via senza gioia (1925), I misteri di
            un'anima (1926), Loulou (1929) o L'opera da quattro soldi (1931),
            Pabst non ha bisogno di un rifacimento per la sua notorietà.
            Ciò che spinge Nebenzahl, sono i rapporti
            che intrattiene con Romain Pinès, l'ex collaboratore di Feyder.
            Questi detiene sempre i diritti di adattamento del romanzo e per
            questo che il titolare della Nerofilm propone al regista belga una
            nuova versione in «sonoro». Feyder rifiuta, allora Nebenzahl si
            rivolge a Pabst. L'universo di Pierre Benoit è lontano
            dall'interessi del cineasta tedesco, ma comunque questi vede
            finalmente un'opportunità di scoprire il deserto, che non conosce.
            Per assicurare il massimo di successo a
            questa seconda versione dell'Atlantide, Romain Pinès e Seymour
            Nebenzahl decidono di girare tre versioni: una tedesca, una francese
            ed un'inglese. I due principali ruoli maschili sono interpretati,
            secondo le versioni da attori differenti. I due ruoli femminili,
            Antinea e della sua ancella Tanit-Zerga, non cambieranno.
            La scelta di Brigitte Helm (1908 - 1996)
            per interpretare la «ragazza magra ai lunghi occhi verdi, al
            piccolo profilo di sparviero», descritta da Pierre Benoit nel suo
            romanzo non è di ordine solamente estetico, ma puramente politico.
            L'Europa si era ripresa malamente dalla
            prima guerra mondiale. Questo conflitto e la rivoluzione russa
            avevano sconvolto l'equilibrio culturale del diciannovesimo secolo.
            Avevano introdotto il dubbio o la rivolta nella riflessione degli
            intellettuali e la creazione degli artisti. Così il dopoguerra
            rivela l'angoscia della morte ma anche l'esplosione di vita e di
            vitalità. Gli anni '20 saranno «gli anni pazzi» fino al giovedì
            nero, il crollo della borsa di Wall Street, trascinando una crisi
            bancaria e finanziaria internazionale. Per contrastarla i governi
            ricorreranno al protezionismo, la solidarietà mondiale post-bellica
            si disintegra. In Germania, è la Repubblica di Weimar che si
            sgretola. La depressione trascina la salita del nazionalismo. È un
            ritorno alle idee anteriori al 1914. Tutti quelli che non si sono
            riconosciuti nello spirito contestatario e corrosivo degli
            intellettuali weimariesi esaltano un rifiuto del mondo moderno e si
            voltano verso il passato, verso la grande cultura germanica e il suo
            passato.
            
              
            
 
            Pabst girò nel 1929 due dei suoi migliori
            film, Loulou, conosciuto anche come Die Büchse der Pandora
            (Il vaso di Pandora) e Das Tagebuch Einer Verlorenen (Il diario di
            una ragazza perduta), con Louise Brooks (1906 - 1985), l'icona del
            cinema muto, ispirazione anche del fumetto di fama mondiale
            Valentina dell'autore italiano Guido Crepax. Pabst aveva per Brooksie
            una vera venerazione. Fisicamente, lo seduceva. La sua personalità,
            tutto di intelligenza e di capriccio, l'affascinava. In quanto al
            suo ruolo di attrice, aveva il risultato di inchiodare Pabst con la
            sua sensualità e con le sue suggestioni. Anche se il pubblico
            europeo rimaneva ammaliato dal fascino dell'attrice americana, in
            Germania non era stata condivisa questa scelta, quando Pabst poteva
            disporre di due attrici come Marlène Dietrich e Greta Garbo.
            Si comprende allora perché, malgrado il
            suo talento e la sua bellezza, Brigitte Helm non fu un Antinea
            calorosa ed affascinante. Gelava Pabst, gelerà il pubblico. Con
            questa versione tra fuochi e gelo, tra ombre e luci, Pabst c'invita
            ad un viaggio nelle profondità della terra, agli intimi dell'anima
            di St-Avit. Antinea non è più qui una regina di leggenda ma
            un'ossessione in un spirito scomposto. Antinea non sarà più una
            donna fatale, una discendente di Cleopatra, sarà semplicemente La
            Donna, l'essere di carne di cui l'immagine tormenta la sua
            libidine. La localizzeremo, non sulle cime del Hahggar ma,
            simbolicamente, nelle profondità della terra, agli intimi
            dell'anima di St-Avit. Questa non ha niente della «regina di Saba
            bambina». Grande, fredda, incastrata anche sotto i suoi veli
            atlantidei che nella sua armatura di robot in Metropolis, incarna a
            meraviglia l'ideologia tedesca dell'epoca: la rigidità. Non una
            parola, non un capello, non un'emozione. Non più una donna, ma un
            menhir.
            Brigitte Helm non è Louise Brooks. Il riso
            e la sensualità che esplodevano nel romanzo di Pierre Benoit e che
            avrebbe messo in risalto l'interpretazione dell'americana, diventano
            qui, angoscia ed affronto. L'Antinea di Pabst è il Minotauro che ha
            bisogno per vivere di nutrirsi di anime innocenti. Frutto di un
            amore colpevole, questa donna può avere solamente dei pensieri
            colpevoli e può trascinare gli uomini alla loro perdita. Scrive
            Georges Sadoul, nel suo Dictionnaire des Films, a proposito
            della pellicola di Pabst: «Film freddo e decorativo, con immagini
            troppo ricercate, in cui Brigitte Helm è più un manichino di cera
            che la fatale Antinea, e tuttavia affascinante per l'adesione ad un
            mito fantastico (quello della Donna Eterna) reso con gusto e con un
            certo ieratismo».
            
             
            Secondo remake ispirato al romanzo L'Atlantide
            di Pierre Benoit, fu iniziato alla regia da Arthur Ripley sostituito
            da John Brahm, per poi finalmente portato alla conclusione dal
            montatore Gregg Tallas (vero nome Grigoris Thalassinos, 25 gennaio
            1915) aggregando scene di archivio dal film originale di Georg
            Wilhelm Pabst del 1932. In maggio di 1947, Maria Montez e suo marito
            Jean-Pierre Aumont (vero nome Jean-Pierre Salomons, 5 gennaio
            1991-30 gennaio 1991) firmarono il suo primo contratto come attori
            indipendenti col produttore tedesco Seymour Nebenzahl (lo stesso di
            quello del 1932) per interpretare una nuova versione dall'epico film
            europeo. La Montez fu ingaggiata per la fantastica somma per
            l'epoca, di 100.000 dollari, per dieci settimane di lavoro.
            Fantastiche e piene di glamour furono le
            scene di questo film, che si segnala, soprattutto, per la fotografia
            di Karl Struss, e per la grande presenza scenica di Maria Montez
            come quella che la mostra reclinata su un letto a forma di lumaca,
            di tre metri di lunghezza e più di due metri di altezza, in
            sensuali vestiti da sirena. I fans di Maria Montez furono
            compiaciuti oltremodo dalle scene in cui appare in compagnia di una
            pantera, una delle belve preferite dalla regina Antinea, nel romanzo
            di Benoit.
            I palazzi faraonici, le vesti riccamente
            disegnate, la cripta ricolma di mummie e la sinuosa pantera
            addomesticata che accompagna la protagonista sulla scena
            esercitarono un indubbio fascino sul pubblico ma lasciarono
            perplessa la critica che giudicò l'opera fredda, artificiosa e,
            comunque, inferiore all'originale. I critici dell'epoca
            considerarono che a parte una mirabile Montez, il film aveva poco da
            offrire, valutando il più vistoso difetto del film
            nell'impersonalità della regia, conseguenza ascrivibile alle
            indecisioni del produttore Seymour Nebenzal che avvicendò tre
            registi diversi dietro la macchina da ripresa. Nonostante, il tempo
            è stato un buon alleato per questo film che oggigiorno è
            catalogato come un classico, pur limitando le sue presentazioni alle
            università ed agli appassionati che si dedicano allo studio del
            cinema.
            (da Wikipedia)
             
            
             
            
            
              
              
                | Libri in esposizione | 
                Prima esposizione di libri del
                  "Fondo" in Palazzo Ubaldini con visione delle schede
                  delle pubblicazioni | 
              
                | Cdrom e DVD | 
                Cdrom e DVD home video | 
              
                | ricostruzioni cartografiche
                  estratte dai libri esposti | 
                ingrandimenti di carte geografiche che
                  ricostruiscono il sito di Atlantide | 
              
                 | 
              
                | 
                   PALAZZO UBALDINI  | 
              
                | 
                   Sede del Centro
                  internazionale di studi geocartografici storici laboratorio di
                  ricerca iscritto al MIUR dell'Editore Ernesto Paleani  |