"Atlantis.
Indagine
bibliografica dalle fonti di Platone fino agli scrittori moderni e le
ipotetiche ricostruzioni cartografiche"
a cura di
Ernesto Paleani..
Lemuria
Nel
1904, nel corso di una riunione dell' Accademia Scientifica
Britannica, Isidoro Geoffrey St. Hilaire fece osservare che, se si
volesse classificare l'isola di Madagascar soltanto in base a
considerazioni tratte dalla zoologia, senza riferimenti alla sua
posizione geografica, si potrebbe dimostrare che quella terra non è
né africana né asiatica, ma del tutto differente da entrambe,
quasi facesse parte di un altro continente.
Terra dei Giganti
Ancora prima di Atlantide,
sommersa dalle grandi onde dell'Atlantico, e di Mu,
disgregata dalle migliaia di vulcani della zona del Pacifico, questo
vasto continente aveva ospitato i primi fra gli uomini. E forse non
sbagliano studiosi e geologi di fama internazionale come Haeckel,
quando affermano che sia stata Lemuria la vera culla della razza
umana.
Se già è difficile risalire il
corso dei tempi per rintracciare la storia e le vestigia di
Atlantide e di Mu, ancora più travagliato può apparire il compito
di squarciare il grande velo di mistero caduto tra noi e le prime età
della Terra.
La stessa conformazione attuale
del nostro pianeta ci allontana l'immagine di quella che doveva
essere la planimetria di 25.000 anni fa.
Secondo l'inglese Selater, la
superficie che adesso è occupata dalle acque del mare del Sud
faceva parte di una lunga lingua di terra che comprendeva le isole
della Sonda e raggiungeva la costa orientale dell'Africa.
A.R.
Wallace avalla questa ipotesi basandosi soprattutto sulla flora e
sulla fauna identiche in terre adesso così lontane, senza contare
il tipo stesso della composizione delle rocce granitiche comuni al
di là delle acque. Fornisce anzi una propria teoria e nel secondo
volume della "Distribuzione geografica degli animali"
edito a Londra nel 1876, giunge a precisare che "nell'emisfero
australe siano esistite tre grandi masse di terra che, per quanto
simili, rimasero sempre ben distinte".
Il
lento evolversi del nostro pianeta, nel suo continuo divenire, il
movimento dei mari e dei ghiacciai, le eruzioni di vulcani terrestri
e sottomarini, le spinsero lentamente verso il nord, e ciascuna
dette vita a quelle che adesso sono l'Africa del Sud, l'Australia e
l'America del Sud. A sua volta il prof. H.F. Bleandford in una
relazione alla Società Geologica di Londra, parlando delle affinità
fra i fossili di animali e di piante rinvenuti in Africa ed in
India, avanza la teoria che vi fosse là, dove adesso si stendono le
acque dell'Oceano Indiano, una terra che collegava direttamente
l'Africa, l'India meridionale e la penisola di Malacca. Senza
contare che se esaminiamo la configurazione geografica dei gruppi
delle isole Adlas, Laccadive e Maldive, possiamo facilmente
immaginare che questi atolli corallini facessero parte di una catena
di montagne ora sommerse.
La zona dell'Oceano
Indiano dove avrebbe dovuto trovarsi Lemuria
Confrontando
le due carte di Lemuria rinvenute da W. Scott-Elliot presso una
comunità di adepti tibetani che conserva molti resti delle civiltà
preistoriche, possiamo meglio osservare il lento evolversi del
continente: terre a poco a poco sommerse dalle acque o disgregate
dalle eruzioni vulcaniche. Attualmente ben poco ci è rimasto di
quella che fu "la culla dell' uomo": le isole del Pacifico
e dell'Oceano Indiano, le coste della Cina e del Giappone,
l'Australia, il Madagascar. E proprio nel Madagascar vive una
piccola scimmia che porta lo strano nome di Lemuride. E' una
scimmietta piccola, vivace, coperta di un morbido e lungo pelo, e si
ritiene che sia stato tra i primi mammiferi della Terra. Nei suoi
occhi antichi c'è forse ancora il ricordo di foreste di felci
gigantesche, di enormi dinosauri. In questo mondo di cose che la
sovrastavano, la piccola scimmietta conobbe l'uomo: era un uomo in
piena armonia con il paesaggio che lo circondava, era il padrone di
quella terra, l'unica creatura intelligente, era un Gigante.
Non si tratta di fantasia:
rinvenimenti archeologici di provata serietà confermano l'esistenza
di una razza umana di dimensioni gigantesche che popolò la terra
circa 40.000 anni fa. Un noto paleontologo cinese, Pei Wendchung,
scoprì a Gargajan, nelle Filippine, uno scheletro umano alto 5
metri, altri in Cina di 3 metri e mezzo ed ha accertato che la loro
età risaliva al 35.000 a.C.
Un altro studioso francese, il
capitano Lafenechère, durante alcuni scavi effettuati in Marocco,
rinvenne utensili ed armi da caccia di dimensioni sbalorditive: una
scure a due tagli del peso di 8 chilogrammi. Per impugnare l'enorme
manico occorrerebbe una mano proporzionale ad un uomo alto almeno 4
metri! Altri resti di gigantesche creature sono stati trovati in
Siria, nel Pakistan, e nell'isola di Giava. Storicamente, poi, non
esiste antico popolo nella cui mitologia sacra o profana non si
trovi riferimento a qualche popolo di giganti. Nella Bibbia ne
incontriamo moltissimi e, si badi bene, non se ne parla mai come
esseri eccezionali, bensì come una razza diversa, con una sua
particolare caratteristica, rappresentata, in questo caso, dalla
grandezza delle dimensioni. Nel VI capo della Genesi si legge:
"Ed erano in quel tempo dei giganti sopra la Terra",
mentre nel XIII libro dei Numeri sappiamo che a Chanaan viveva
un'intera popolazione, i figli di Enach, "paragonati ai quali
noi (gli esploratori mandati da Mosè) parevamo locuste". E poi
i Mfilim e gli Enim del paese di Moab, distrutti da Giosuè, ed Og
re di Basan, il cui letto di ferro "ha nove cubiti (m 4,7) di
lunghezza e quattro (m. 2) di larghezza" (Deteronomio cap.
III). Senza parlare infine di Golia, anch' esso non fenomeno isolato
ma appartenente al popolo gigantesco dei Kephaim.
Alla Bibbia si possono accostare
le antiche leggende Tolteche che parlavano del popolo dei
Quinametzini, razza di uomini grandissimi che popolavano la Terra e
che, a poco a poco, si estinsero in tragiche e feroci lotte prima
tra loro stessi, e poi con gli altri uomini.
Xelua ed i suoi sei fratelli, sono
invece i giganti dei quali la mitologia messicana racconta la
storia. Scampati miracolosamente ad uno dei terribili cataclismi che
dovevano portare alla disgregazione di Lemuria, i sette fratelli
vollero ringraziare il loro Dio delle Acque, Tlalos, consacrandogli
il monte sul quale si erano rifugiati, ed in suo onore costruirono
uno "zacauli", una costruzione granitica a forma
piramidale che avrebbe toccato il cielo se gli altri Dei, gelosi ed
irritati dalla loro presunzione, non avessero fatto piovere fuoco
sulla terra, causando così la morte dei costruttori.
Ma
la ciclopica torre non crollò completamente: la sua enorme base,
alta 54 metri, si crede possa essere identificata nella piramide
quadrangolare che è stata rinvenuta nella città messicana di
Cholula, a 13 chilometri da Puebla. Solo accettando l'ipotesi di una
razza primitiva di proporzioni gigantesche si può, d'altra parte,
spiegare l'enigma rappresentato tutt'oggi dai più antichi monumenti
della Terra: i
"Menhir" ("pietre lunghe"), i "Dolmen"
(tavole di pietra) ed i "Cromlech" (alte pietre disposte a
circolo). I "menhir"
sono dei rozzi monoliti piantati verticalmente nel terreno, che per
molto tempo sono stati ritenuti simboli fallici. I
"dolmen" invece, sono costituiti da una enorme lastra
posata a sua volta su massi conficcati al suolo in modo da formare
un primordiale tavolo gigantesco, mentre i "cromlech" sono
un complesso di "menhir" posti in modo da formare un vasto
circolo.
Secondo il cosmologo Saurat, i
"menhir" sarebbero rudimentali statue dei primi abitanti
della Terra, i "dolmen" le loro tavole, ed i "cromlech"
rappresenterebbero la cerchia delle divinità, il tempio, il
santuario. Non è d'altra parte improbabile che i "dolmen"
avessero anche una sinistra funzione, che servissero cioè a
sanguinosi sacrifici umani. Nella Nuova Guinea, infatti, sono stati
rinvenuti complessi megalitici, nei quali, davanti a ciascun "menhir"
è posto un "dolmen" quasi a significare la divinità ed
il suo altare. Una diffusa leggenda indigena sembra confermarlo,
narrando che, sulla Terra, vi furono prima Giganti buoni che
aiutarono gli uomini ed insegnarono loro molte cose. Il loro re era
Tagaro, ed era disceso dal cielo. Ma vennero poi Giganti cattivi e
cannibali capeggiati da Suque, che pretesero sacrifici umani, e così
fu necessario costruire tavoli di pietra davanti alle loro statue.
Tagaro cercò di frenare la loro crudeltà, ma Suque si ribellò e
ne nacque una terribile strage. I Giganti scomparvero, ma gli
uomini, temendo ancora la loro collera ed il loro ritorno,
continuarono ad erigere statue ed ad offrire vittime.
E' evidente che gli abitanti di
Lemuria non brillarono per la loro civiltà come i figli di
Atlantide e Mu, ma piuttosto erano carichi di una agghiacciante
crudeltà perché, come abbiamo visto, non c'è leggenda o
riferimento storico che non ne sottolinei la brutalità sanguigna.
Anzi si nota sempre un progressivo decadimento della razza, come se
la loro stessa natura feroce sia stata la causa prima della loro
scomparsa.
L'insoluto mistero della "Pedra
Pintada" (pietra dipinta) può più di ogni altra cosa
riflettere tutto l'orrore dei loro riti. Nell'Amazzonia, in un vasto
complesso megalitico si erge un imponente blocco di forma ovoidale
al centro di un altipiano poco distante da Tarame.
E' un enorme monumento di pietra
lungo 100 metri, largo 80 ed alto 30. Secondo una tradizione
indigena, è la pietra tombale di un gigante biondo, re di un popolo
vissuto in tempi remotissimi. Sulla pietra sono dipinti migliaia di
segni e di lettere che ricordano la scrittura dell'antico Egitto, la
semitica, e l'ebraica. Vi sono inoltre cavalli, carri e ruote, tutti
riprodotti di profilo secondo la tecnica degli Egizi. E già questo
lascia notevolmente perplessi perché gli Indios, all'arrivo dei
conquistatori bianchi, non conoscevano né carri né ruote. Sulla
facciata principale del monumento si notano quattro grotte scavate
nella pietra, quasi alla sommità si apre una galleria divenuta
ormai inaccessibile, mentre sotto il macigno esiste un passaggio che
conduceva probabilmente ad una costruzione sotterranea. Anche questa
galleria è agibile solo per 30 metri: alla fine è completamente
franata.
Il tedesco prof. Homet, che dedicò
la sua vita alla ricerca delle vestigia dei giganti e di una loro
precisa collocazione nel tempo, tentò di penetrare il segreto della
Pedra Pintada conducendovi accurate ricerche. Scoprì che tra i
detriti che occupavano le quattro grotte molte erano le ossa umane,
e ciò gli fece pensare che le caverne fossero state usate come
primordiali "tombe comuni". Ma mentre si trovava
all'interno di esse, cominciò a sentire echi impressionanti di
suoni e voci lontane. Un incubo assurdo e misterioso sembrava far
rivivere con allucinante chiarezza un ignoto passato.
Homet stesso, nel suo libro "Die
Sòhne der Sonne" edito nel 1958, ammette di essere stato quasi
in stato di trance, e di aver avuto la terrificante visione che
segue, così come lui stesso l'ha descritta, per non toglierle
niente del suo orrido fascino. "Accompagnata dai rintocchi di
bronzei gong, una gran folla si muoveva. Migliaia di uomini, donne e
bambini vestiti di bianco s'avvicinavano lentamente, maestosamente
alla Pedra Pintada, per arrestarsi poi dinanzi all'ingresso
principale. Una voce risuonò alta, dal cielo, riecheggiò cinque o
sei volte sulla massa dei fedeli, che si prostrò, riverente. Uomini
altissimi, in atteggiamento solenne, si staccarono dalla folla e si
accostarono al gigantesco monumento di pietra. Uno di loro si pose
davanti al dolmen pentagonale della facciata principale; un altro,
seguito dai suoi aiutanti, salì sulla seconda piattaforma, un po'
più alta, di cui gli astanti potevano vedere soltanto le aperture
delle quattro grotte sepolcrali; un terzo, dall'aspetto ancor più
imponente, anch'egli accompagnato da assistenti, salì la larga
strada tracciata nella roccia, scomparendo allo sguardo dei
pellegrini inginocchiati nella pianura.
Salirono quindi lentamente sulle
due piattaforme, senza catene e guardiani, appena sostenuti da due
"servi della morte", due uomini nudi. La loro espressione
era quella di persone addormentate. Li si distese sulla sommità dei
dolmen, la cui tinta rossa cominciò a risplendere ai raggi del sole
nascente. Ancora una volta risuonarono e si ripeterono i misteriosi
richiami dall'alto, ed i sacerdoti levarono i coltelli rituali di
pietra, affilatissimi, li affondarono nel petto delle vittime,
strapparono loro i cuori e li aprirono. Poi, lanciandone i pezzi ai
quattro punti cardinali, annunciarono ai fedeli il destino che li
attendeva nel prossimo anno".
Questa
visione, riportata da un uomo di scienza, in piena buonafede e con
un bagaglio culturale non indifferente, ci fa quasi accettare la
validità della "psicometria", facoltà che renderebbe
capaci certe persone particolarmente sensitive di percepire da
qualsiasi oggetto, anche una pietra, la visione dei tempi in cui
esso si trovava ambientato.
Possibile che la Pedra Pintada sia
stata talmente intrisa di olocausti umani, da trasmettercene
tutt'ora il messaggio? Possibile che questa razza di Giganti sia
stata così crudele da lasciare dietro di sé una così vasta eco di
terrore e di orrore?
Non va poi dimenticato il popolo
dei Titani, che troviamo nella mitologia greca, il cui re, Cronos,
giungeva addirittura a divorare i propri figli, e quello dei Ciclopi
al quale apparteneva Polifemo, che Omero ci descrive in tutta la sua
agghiacciante ferocia. Ma non si può credere ad una razza
"nata" crudele. Amiamo pensare che lo sia diventata solo
dopo che i movimenti di assestamento del nostro pianeta avevano
cominciato a disgregare Lemuria, costringendo i Giganti ad
abbandonare, per sopravvivere, la loro patria, ad emigrare in altre
terre a loro ignote, a vivere a contatto con razze diverse sia
nell'aspetto che nella cultura e nelle tradizioni.
La loro fu forse una terribile
battaglia contro il decadimento della propria specie, contro le
forze della natura che, pur avendoli dotati di mole e forza
gigantesca, li stava allontanando e disgregando ogni giorno di più,
facendoli sentire come alberi senza radici, piante costrette a
vivere in un terreno inadatto, anzi ostile. Quei "menhir"
che noi andiamo adesso a visitare pervasi da un imprecisato senso di
angoscia e che essi innalzarono nelle varie terre dove furono
costretti a vivere, furono forse un modo di sentirsi meno soli, di
illudersi che quel popolo di pietra potesse tornare ad essere, per
prodigio divino, il popolo forte e compatto di una Lemuria ormai
scomparsa per sempre.
Il
continente Lemuria (di
Axel Famiglini)
Il
continente Lemuria ha ospitato la prima civiltà umana di cui si
abbia notizia. Ne fu per la prima volta ipotizzata l'esistenza da
M.P.L.Sclater, il quale, tra il 1850 e il 1860, sostenne che in
epoche preistoriche esisteva una vasta area che comprendeva
territori dal Madagascar a Ceylon e Sumatra. L'idea di un antico
continente in queste zone del pianeta fu suggerita da affinità
zoologiche tra i territori sopracitati, tra cui la presenza del
"lemure" (una scimmia) che diede il nome al continente.
Al
contrario il naturalista Wallace sosteneva che un continente simile
sarebbe stato possibile tra l'Australia fino alla Nuova Guinea, le
isole Salomon e forse le isole Figji. Il continente di Wallace
avrebbe anche così spiegato in che modo i marsupiali avrebbero
potuto raggiungere il continente australiano. Le ipotesi di Sclater
e Wallace entrarono in conflitto, sebbene ad un certo punto Wallace
ammise che ci dovesse essere stato in passato un ponte di terra tra
l'India e l'Australia. La discussione continuò e Haeckel ipotizzò
che il continente lemuriano, esistito probabilmente tra il Permiano
e il Nummulitico, fosse la culla della razza umana, poiché lo
riteneva la sede delle scimmie antropoidi.
La
discussione, dapprima solo scientifica, fu ripresa poi dalla
teosofia che asserì che il continente Lemuria fosse la dimora della
terza razza madre e il luogo di origine dell'umanità.
Teosoficamente
parlando, l'uomo non si sviluppò a Lemuria secondo un'evoluzione,
ma attraverso un addensamento di materia che venne a formare il
corpo. Ovvero: all'inizio coloro che sarebbero diventati uomini
erano entità immateriali che apparivano sulla terra con l'andar del
tempo sempre più materiali e corporei.
I
corpi della prima razza madre, secondo quanto dice W. Scott-Elliot
in "Storia della Lemuria sommersa", erano come giganteschi
fantasmi, […] perché i loro corpi consistevano soltanto di
materia astrale. Successivamente la prima razza madre venne dotata
di un rivestimento più denso.
I
corpi della seconda razza madre erano definiti eterei e anch'essi
erano invisibili alla vista.
I
corpi della terza razza madre finalmente solidi erano composti di
gas, liquidi e materia. Le ossa erano molli come quelle dei bambini
(infatti non potevano reggersi in piedi) e solo verso la metà della
loro storia poterono godere di una struttura scheletrica più
consistente. I lemuriani di questo periodo possedevano due occhi
rudimentali davanti e uno dietro - detto terzo occhio o occhio
astrale - corrispondente alla ghiandola pineale che serviva come
centro della vista astrale e fisica. Verso la terza sotto-razza, il
corpo gelatinoso dei lemuriani si solidificò ancor di più e
divenne in seguito capace di tenere una struttura eretta e, grazie
all'uso del terzo occhio e di una sporgenza nei talloni, di
camminare avanti e indietro. Probabilmente verso la quinta
sotto-razza si ha l'uomo lemuriano definitivo. Era alto dai tre
metri e mezzo ai quattro metri e mezzo, aveva la pelle bruno
giallastra, la mascella inferiore allungata, la faccia appiattita.
Gli occhi piccoli, penetranti e distanti l'uno dall'altro,
permettevano sia la vista in avanti che lateralmente, il terzo
occhio dava la vista all'indietro. Al posto della fronte aveva un
rotolo carnoso, la testa era inclinata all'indietro e le braccia
erano sproporzionate rispetto alle nostre ed aveva mani e piedi
enormi. Attorno alla testa aveva dei capelli corti ed era vestito
con pelli. Nella mano sinistra teneva solitamente un bastone e nella
destra conduceva con una corda una sorta di rettile simile al
plesiosauro, quale aiuto per la caccia.
La
settima sotto-razza diede origine ad una razza superiore. Aveva
sviluppato una sorta di fronte, la sporgenza dei talloni si era
ridotta, la testa aveva una forma ad uovo ed era diminuita l'altezza
e la grandezza delle membra. Questa fondò un'importante civiltà
che durò migliaia di anni e dominò gran parte del continente di
Lemuria. Inizialmente i lemuriani erano muti, ma poi svilupparono un
linguaggio primitivo monosillabico. Dopo la separazione dei sessi,
il corpo dei lemuriani si solidificò e iniziò a vivere in alture
dentro a capanne rudimentali. All'inizio ogni famiglia viveva in una
capanna singola, poi si ritenne più sicuro vivere riuniti in
comunità. Le capanne, prima costruite in legno, furono edificate
con grossi massi e le armi con cui i lemuriani attaccavano i
dinosauri o si difendevano da essi erano pali appuntiti di legno.
L'agricoltura era sconosciuta. Le razze lemuriane senza ossa,
striscianti, vivevano di quello che trovavano al suolo, mentre
quelle con lo scheletro evoluto mangiavano principalmente carne, ma
anche bacche e noci.
Durante
la sesta e settima sotto-razza, i lemuriani impararono a costruire
città megalitiche e ciclopiche. Le prime città si trovavano nella
zona del Madagascar e un centro urbano famoso era situato vicino
all'Isola
di Pasqua. Le famose statue dell'isola, costruite nel
periodo terminale dei Lemuro-Atlantidei, rappresentavano la
fisionomia dei loro costruttori o dei loro antenati.
La
religione dei lemuriani non era sviluppata: avevano qualche precetto
morale e adoravano un'entità suprema rappresentata dal sole.
Il
continente Lemuria, al contrario di quanto si diceva in ambito
scientifico, assunse presso i teosofi forme ben più vaste e varie,
a seconda dei periodi geologici e sprofondò a causa di una lunga
serie di cataclismi vulcanici.
I
lemuriani morirono soprattutto per il fuoco e per il soffocamento
dovuto a gas prodotti dalle eruzioni vulcaniche, ma la distruzione
del Continente non fu repentina, anzi, seguì tempi geologici. Alla
fine tutto venne sommerso.
Libri in esposizione |
Prima esposizione di libri del
"Fondo" in Palazzo Ubaldini con visione delle schede
delle pubblicazioni |
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ricostruzioni cartografiche
estratte dai libri esposti |
ingrandimenti di carte geografiche che
ricostruiscono il sito di Atlantide |
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PALAZZO UBALDINI |
Sede del Centro
internazionale di studi geocartografici storici laboratorio di
ricerca iscritto al MIUR dell'Editore Ernesto Paleani |